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domenica 28 dicembre 2008
FUJIAMA
Sul Monte Fuji sappiamo tutto, e cioe' che non bisogna dire Monte Fujiama, che sarebbe come dire: il monte monte Fuji. E poi sappiamo che quando si prenota lo Schinkansen bisogna chiedere il posto "vista Fuji". Noi all'andata l'abbiamo chiesto e ci hanno detto, incrociando gli avambracci, "sold out". Stessa cosa al ritorno, ma non ci siamo fatti sorprendere, e appena e' comparso il Fujiama, siamo schizzati nel locale fra i due vagoni con ampio finestrino. Spielberg si e' sparato 2 Gb di effetti speciali. Io, piu' modestamente, questa piccola clip.
28 dicembre: LA SVIZZERA SORRIDE
Piu' che la meditazione a me i mantra stimolano l'ipnosi. Cantati (o recitati?) dai monaci, durano un'oretta. In una grande sala fredda ma piena di oggetti, di lampade, di libri, di candele, noi "laici" assistiamo ma a un certo punto veniamo anche invitati a compiere azioni che non capiamo ma di buon grado ci prestiamo. Perche' per esempio ci viene chiesto di mettere una tazzina di te' sopra una specie di scaldino a forma di portauovo, ma poi questo te' non ce lo lasciano bere? Perche' ci viene chiesto di prendere a scelta, da uno a tre pizzichi di non si sa che cosa, da un contenitore e metterlo in un altro? Un monaco, il piu' fortunato, si occupa di accendere e alimentare il fuoco rituale, buttandoci dentro incensi. Gli altri cantano. Noi, sempre piu' surgelati, ascoltiamo. Alla fine ci aspetta una colazione. Che cosa mangiamo non si sa. Sembrano erbe di ogni tipo. Ma e' roba buona. Non ha comunque la consistenza, ne' l'aspetto, del cappuccino e della brioche. Lasciamo Koya-San alle 8.30. AI monaci lasciamo 20.000 yen, quattro volte tanto quello che abbiamo pagato alla Guest House di Beppu, dove c'era tanto caldo e poco mantra. Prima di partire ci avvicina una fanciulla svizzera. Ha l'aria della signora bene milanese, un po' new age, e tanto alla ricerca di spiritualita' e di nuove profondita' dell'essere. Cioe', una di quelle che a Ginostra camminano scalze con lo sguardo perso all'orizzonte senza toccare con i piedi per terra, e con l'eterno sorriso sulle labbra. Dice la svizzera: "posso chiedervi perche' siete venuti qui?". Giovanni, il maledetto, tace. Rispondo io: "Non lo so". La svizzera continua a sorridere: "io sto facendo una ricerca sulle connessione tra cervello, meditazione e buddismo esoterico." Il nostro sguardo tende all'imbecille. Lei continua a sorridere: "Di solito le persone che vengono qui sono alla ricerca di qualcosa di piu' alto, e' il vostro caso?". Giovanni il codardo tace. Io dico: "No". La svizzera sorride sempre. Ma un po' di meno.
ARAGOSTE DI MONTAGNA
Completamente surgelati, nonostante la cena che ci ha riscaldato, facciamo il nostro relax nella sala del bagno caldo. Fuori c'e' la neve. Dentro, due pirla beati. Rimaniamo a cuocere nell'acqua bollente per mezz'ora. Rossi come aragoste, ritorniamo attraverso freddi corridoi, nella nostra stanza riscaldata. Ci addormentiamo come sassi. Domattina ci aspetta la cerimonia dei monaci. Alle sei. Mettiamo la sveglia alle cinque e mezza.
LA CUCINA DEI MONACI
Vegetariana. Niente carne e niente pesce. Ma anche, chissa' perche', niente cipolla e niente aglio. Veniamo serviti nella tatami-room, con un vassoio a tre piani che, scomposti, diventano il tavolino. Zuppa, tofu, riso, fagioli, verdure varie. Dicendolo alla loro maniera, koyadofu, gomadofu, konnyaku, suona meglio e sembra anche piu' buono. Il problema e' la posizione. Tutte le volte che mangio all'orientale comincio con tanta buona volonta' sedendomi come si deve, con le gambe sotto il sedere. Poi, quando comincio a soffrire, incrocio le gambe alla maniera yoga. Ma, quando il mio corpo sta diventando tutto un formicolio, rotolo nella mia posizione preferita, il triclinio. Se per caso un monaco entra, io mi ricompongo e assumo la posizione corretta. Per qualche minuto. Appena il monaco esce, ripiombo nel triclinio. Lo so. Sono ipocrita. Non ho il coraggio delle mie azioni e dei miei limiti, ma non voglio deludere gli eredi di Kukai.
UN RITO MISTERIOSO
Cosa sta facendo questo giovane aspirante monaco buddista? Uno strano rito del buddismo esoterico prevede di bendarsi gli occhi per aumentare la concentrazione ed aiutare il raggiungimento del Nirvana? Qualcuno sospetta in realta' che Giovanni, avendo perso la mascherina, usi la cintura dello Yukata per aiutare il sonno. La verita' non si sapra' mai.
UNA NOTTE DA BUDDISTA
Da Osaka partiamo diretti a Koya-San, una piccola cittadina sulle montagne a 1000 metri di altezza sul livello del mare. Koya-San e' la piu' importante concentrazione di cimiteri buddisti di tutto il Giappone, e probabilmente di tutto il mondo. E' la sede centrale della scuola del buddismo esoterico chiamato Shingon, che ha in tutto il mondo circa 10 milioni di fedeli. Una volta qui c'erano 1500 monasteri. Adesso ce ne sono solo 120, con 7000 monaci, e molti di questi ospitano turisti e pellegrini. Una cittadina enorme fatta di monasteri e abitata da monaci. Immaginate: come se a Vetralla ci fosse un tempio al posto della chiesa, e fin qui tutto normale, ma anche un altro tempio al posto della farmacia, e uno al posto del cinema, e un altro al posto della banca, e via cosi'. Arriviamo a Koya-San in treno e in funicolare e in autobus. Sono le 13 quando ci presentiamo all'ingresso del monastero dove abbiamo prenotato, il Muryoko-In. Il monaco portinaio ci dice: "Il check-in e' alle 15". Mica male un monastero con il check-in. Non ci resta che fare marcia indietro e sotto una bella nevicata passeggiare per il paese alla ricerca di un luogo accogliente. Troviamo un ristorante dove becchiamo un clamoroso caso di sfruttamento di lavoro minorile. La cameriera si presenta con il bambino abbarbicato sulle spalle. E' piccolissimo, ma qualche cosa dice, e sembra quasi che prenda le ordinazioni. A noi viene servita una tazza di brodo, che viste le condizioni atmosferiche, ci appare un toccasana. Alle 15 ci presentiamo puntuali al tempio e stavolta veniamo accolti con maggiore cordialita'. Comincia cosi' questa immersione totale nella cultura e nelle tradizioni orientali. Veniamo introdotti in una stanza molto grande, tutta tatami, con un tavolo al centro. Il tavolo sembra una specie di altare. E' appoggiato su una grande trapunta. Un'altra trapunta parte dal ripiano formando una specie di tenda. Sulle prime non capiamo la logica, ma il monaco-cameriere ce la spiega. Nell'interstizio tra la prima e la seconda trapunta c'e' uno scaldino. Come tutto questo non sfoci in un incendio, e' uno dei misteri del buddismo esoterico. Ma il risultato e' che infilandosi tra una trapunta e l'altra ci salviamo dall'ibernazione, perche' fa un freddo bestia. Noi decidiamo di andare subito al cimitero di Oko-no-in, un grande luogo sacro, dove c'e' la tomba di Kobo Daishi Kukai, l'illuminato monaco buddista che fondo' la setta Shingon. C'e' la tomba, c'e' anche il corpo, ma - si dice - Kukai e' li' dentro vivo, e la gente, infatti, gli porta da mangiare tutti i giorni. Cosi', quando su questo mondo arrivera' Miroku, il Buddah del futuro, Kukai sara' perfettamente in forma per interpretare i celesti messaggi che portera' per l'umanita'.
Il grande cimitero e' incantevole, affascinante, misterioso. Noi lo attraversiamo sotto una nevicata fittissima e freddissima, che aggiunge fascino al fascino. La neve si deposita sopra le tombe e sui rami di enormi e vecchi alberi. Quando torniamo al monastero e' pronta la cena. Un'esperienza, perche' i monaci di Koyo-San sono famosi per come meditano ma anche per come cucinano.
Il grande cimitero e' incantevole, affascinante, misterioso. Noi lo attraversiamo sotto una nevicata fittissima e freddissima, che aggiunge fascino al fascino. La neve si deposita sopra le tombe e sui rami di enormi e vecchi alberi. Quando torniamo al monastero e' pronta la cena. Un'esperienza, perche' i monaci di Koyo-San sono famosi per come meditano ma anche per come cucinano.
27 dicembre: I TRE PIANI DI OSAKA
Lasciamo molto a malincuore l`inquietante Capsule Inn Hotel. Non prima di aver rubato 15 spazzolini sprigionanti dentifricio. Osaka, per quel poco che abbiamo visto, ci ha affascinato. Non che sia bella. Ma ci ha affascinato. Non che sia bella. Ma non passa inosservata. E` forse quello che saranno le citta' del futuro. Un grande divertimentificio, un grande luogo di consumi, pieno di pachinko, di supermercati, di enormi centri commerciali, di luci, di gente che - irasaimase' - ti invita ad entrare per acquistare qualsiasi cosa, da una friggitrice di polpette di polpi (come avete fatto a vivere finora senza?) ad un enorme lampione rosso che potete portarvi a casa con 200 o 300 euri. La citta', in alcuni quartieri, sembra essere disposta su tre piani. In alto le sopraelevate, i ponti, per il traffico delle auto e dei treni. A meta' il piano stradale per macchine, ma poche perche' le isole pedonali sono molte, il consumismo ha dettato le sue regole all'urbanistica. Sotto terra un dedalo di strade e di gallerie e di negozi e di ristoranti (ma quanto mangiano questi giapponesi?) dove gli abitanti di Osaka possono percorrere anche chilometri districandosi fra bivi, rotonde e scale mobili. Ovviamente sottoterra, corrono anche i vagoni della metro. Ma al piano di sotto.
26 dicembre: NELLA NOTTE DI OSAKA
Andiamo al ponte di Ebisubashi, punto cruciale della Osaka notturna. Qui si da` appuntamento tutta la gioventu` trendy e alternativa di Osaka, quelli che si stirano i capelli e cercano di farli diventare biondi, ma gli diventano di un coloraccio rosso rugginoso, tutto meno che biondo, sotto megaschermi che piu` mega non si puo`, inondati da tonnellate di luci di ogni tipo che rendono l`atmosfera assolutamente surreale. La guida dice: "Sembra Blade Runner". Sinceramente una cosa mai vista. Strana umanita`, ragazzi che sembrano usciti da un manga, suonatori, mille locali per mangiare, musica a palla da ogni buco, rumore, gente che va e gente che viene, gruppi di ragazzine a meta' strada tra lolite giapponesi e eroine dei cartoni animati si fotografano facendo le smorfie e facendo con le dita il segno di "vittoria". Il perche' di questa abitudine non l'abbiamo ancora capito, ma naturalmente nella mia cialtroneria non posso trattenermi dal farmi fotografare anch'io. Insomma un casino. Torniamo alla nostra capsula. Stessa trafila, scarpe, chiave, altra chiave, box, spogliarsi, telecamera, yukata. Nei locali comuni ci guardano due poltrone per massaggi automatici e trappolette per rigenerare i piedi stanchi. Resisto alla poltrona ma mi lascio tentare dal rigeneratore di piedi. Poi nei bagni per lavarsi i denti con gli spazzolini con dentifricio incorporato nelle spatole. Ci infiliamo nel loculo. Dormiamo. Il tutto ci costera` 3300 yen a testa. 28 euro. Spa compresa.
26 dicembre: DORMIAMO NELLA CAPSULA
L`avventura della videocamera cambia i nostri programmi, ammesso che i nostri possano essere definiti programmi. Volevamo andare a Koyo-san, un paese di montagna dove era previsto l`alloggio in un convento buddista. Roba raffinata e trendy di cui Giovanni avrebbe potuto parlare a Milano per giorni ed io un po` meno a lungo a Lavarone. Ma tornare indietro a Kokura per recuperare la Sony SR12 appena comprata ci ha fatto perdere tre ore e saremmo rimasti fuori dal santuario. Ci diciamo: perche` non fermarci ad Osaka? Detto fatto. Ci fermiamo ad Osaka. Apriamo la guida e scopriamo che ad Osaka esiste un Capsule Inn Hotel. Sapete uno di quegli alberghi fatti di loculi che tanto fanno ridere in Italia? Ci vanno quelli che fanno tardi la sera, quelli che hanno bevuto e non vogliono rischiare il ritiro della patente, quelli che la mattina dopo hanno un appuntamento molto presto. Solo uomini, le donne non sono ammesse. Le capsule sono spaziose, non assomigliano a loculi cimiteriali. Sono larghe un metro e mezzo, alte un po` piu` di un metro e lunghe due. Ce ne sono circa duecento, una accanto all`altra e su due file sovrapposte, come le cuccette. Si dorme su un futon, c`e` l`aria condizionata, la televisione e la radio. Naturalmente e` previsto un canale porno. Non c`e` porta ma una tapparella di simil bambu`. Io e Giovanni rimaniamo incantati. E` forse l`esperienza piu` forte che facciamo da quando siamo arrivati in Giappone. Entriamo e intanto sbagliamo ingresso, ci infiliamo in un centro benessere. Capiscono subito che siamo degli imbranati e ci direzionano verso un ascensore. Arriviamo alla reception, lasciamo le scarpe in un boxino, ritiriamo la chiave, la consegniamo all`impiegato che ci da` un`altra chiave che dobbiamo legarci al polso con apposito braccialetto con impresso un codice a barre. Serve se ci perdiamo. Paghiamo in anticipo, come in tutti gli alberghi giapponesi. Con la nuova chiave apriamo un`altro box dove depositiamo il bagaglio e i vestiti. Indossiamo una yukata spogliandoci proprio li` sotto l`occhio vigile di una telecamera. Teoricamente saremmo pronti per infilarci nel loculo. Ma vogliamo strafare. Sempre con la nostra bella yukata addosso scendiamo due piani e entriamo nel centro benessere. Facciamo la sauna a 80 gradi, il bagno di vapore, la vasca gelata, la vasca calda, l`idromassaggio, di nuovo la sauna ma a 90 gradi, di nuovo la vasca gelata e infine ci rilassiamo nella vasca tiepida. Potremmo concederci anche qualche massaggio, magari tailandese, oppure farci insaponare lavare e sciacquare da una delle ragazze del centro. Ma c`e` un limite a tutto. Torniamo al piano dei loculi, riprendiamo i nostri vestiti dal box, ci rivestiamo sempre inquadrati dalla telecamera e usciamo nella notte di Osaka.
26 dicembre: IL POLPO
Sulla guida del National Geographic e' decantata una caratteristica fondamentale dei giapponesi, l'onesta'. E' mitica. Tu puoi lasciare un portafogli pieno di soldi su un tavolino e tornare il giorno dopo. Lo troverai li' che ti aspetta fiducioso. Adesso vi racconto l'avventura di oggi. Protagonista Giovanni, il quale a Tokyo, il giorno del nostro arrivo, ha comprato una splendida videocamera Sony SR12, con la quale ha ripreso i fatti salienti di questo viaggio, e realizzato anche molti clip di archivio per il suo lavoro. E adesso vi descrivo anche come stiamo viaggiando. Io ho una valigia, Giovanni anche. Io ho anche uno zainetto e uno scatolone, tutto contornato di nastro adesivo e tenuto insieme con spaghi che fanno tanto Napoli. Giovanni ha un borsello per soldi e documenti e la borsa nera della videocamera. La borsa nera della videocamera, pero', ce l'aveva a Kokura, e non ce l'aveva piu' sul treno per Osaka. Deve essere rimasta da qualche parte a Kokura. E il treno, il fantastico Shinkansen, si allonatana a 285 km/h da lei. Panico. Capotreno. Telefonate frenetiche. Niente da fare. Disperazione. La videocamera e' sparita o e' stata rubata con tutte le sue fantastiche clip. Il capotreno e' perentorio. "Nessuna videocamera esiste nella stazione di Kokura". Allora prendiamo una decisione coraggiosa. Alla prima fermata si torna indietro. La depressione si abbatte sulla coppia. Giovanni e' indeciso se sbattere la testa contro lo Shinkansen o buttarsi direttamente giu' nel momento di massima velocita'. Poi ha un flash. Il polpo. "L'ho lasciata vicino al polpo, nel banchetto dove abbiamo comprato il Bento", la scatola contenente riso e granchio che sarebbe stato il nostro pasto in treno. C'era un tavolino basso con un polpo di plastica al centro. Cosa si fa quando si trova un polpo di plastica su un tavolino? Il novanta per cento delle persone ci mette accanto la videocamera, naturalmente, e la lascia li'. Le videocamere, soprattutto le Sony SR 12, adorano essere abbandonate vicino a un polpo di plastica. Ci scateniamo in nuove telefonate. Niente. La videocamera e' veramente scomparsa. O e' scappata con il polpo, oppure si e' unita a qualche ladruncolo. Malediciamo la guida. Secondo la guida la videocamera doveva rimanere, almeno per un giorno, al suo posto, perche' nessun giapponese avrebbe avuto l'idea di rubarla. Il treno che ci riporta indietro e' pieno di questi ragionamenti, e quando arriviamo alla stazione di Kokura siamo tutti agitati. Andiamo di corsa dalla signora proprietaria del banchetto, dei Bento e del polpo. Giovanni vede il polpo e ha come un'illuminazione. "Era qui, ma il polpo e' stato spostato. Chi l'ha spostato?" si chiede immedesimandosi nel commissario Montalbano. Ma la signora del polpo vede Giovanni e gli fa un sorrisone. E' fatta. La videocamera esiste ancora e lotta insieme a noi. La signora continua a sorridere e a parlare. Dice cose che non comprendiamo, ma capiamo che la videocamera non e' scappata. Giovanni le parla in italiano. "Dov'e' la videocamera?". La signora indica il polpo. Sul polpo siamo tranquilli anche noi, ma la Sony? La signora indica un ufficio di fronte. Di corsa all'ufficio di fronte. La videocamera, il polpo, la custodia nera! Il signore dell'ufficio di fronte non capisce una mazza, naturalmente, ma poi si commuove e ci indica di seguirlo. Una passeggiata di dieci minuti nei meandri della stazione. Finiamo in uno sgabuzzino con su scritto "Lost and Found". E qui vorrei fare una digressione. Vorrei esaminare da un punto di vista semantico la differenza tra le abitudini di origine anglosassone, e quelle latine, per quanto riguarda il problema degli oggetti persi. Statemi a sentire. Qua la differenza e' tra gli ottimisti e gli efficientisti da una parte e i pessimisti e rinunciatari dall'altra. Tu perdi una cosa e vai all'ufficio Lost and Found. Persa e ritrovata. Ottimismo. Efficientismo. Hai perso un oggetto e, ovviamente, l'hai ritrovato. In Italia no. Non vai all'ufficio Lost and Found, vai all'ufficio Oggetti Smarriti. Smarriti e basta. Non ritrovati. E infatti non lo ritrovi. Dovrebbero chiamarlo "Smarriti e Ritrovati", altrimenti che vai a fare all'ufficio oggetti smarriti? A piangere? Noi, all'ufficio Lost and Found di Kokura, prefettura di Fukuoke, Giappone, la vediamo. La Sony SR 12 e' li', sullo scaffale che ci guarda da sotto un impermeabile e in mezzo a una dozzina di ombrelli. Giovanni sorride e la guarda, ricambiato, con amore. L'impiegato gli sottopone una serie di moduli da firmare. In giapponese. Chissa' che cosa c'e' scritto. Ma Giovanni oggi firmerebbe tutto. Riabbraccia la videocamera e se la lega addosso. Sembra un secolo ma sono passate solo due ore da quando era disperato. E la guida che abbiamo maledetto? Aveva ragione, ma anche torto. La Sony SR 12 e' rimasta sul tavolino ad aspettarci solo un'ora. Non le piaceva il polpo.
sabato 27 dicembre 2008
ALLA SCOPERTA DEI CASALINGHI GIAPPONESI
Giovanni ha una grande dose di intuito. Qualcosa di soprannaturale. Io credo sia un medium. Certe cose le "sente". Il problema e` che cosa sente. Quando finiamo il nostro giro di onsen e di jigoku, e arriviamo nella stazione di Beppu, vede una scritta in giapponese, incomprensibile ai piu`. Ma e` evidente che gli si accende qualcosa dentro. "Qualcosa mi dice che dobbiamo andare li`", mi dice come in trance. Ha ragione. Entriamo, saliamo al terzo piano, e scopriamo l`Eldorado dei casalinghi. Il piccolo composter tritarifiuti da casa, che trasforma tutti gli avanzi in concime. La mini lavastoviglie per single, per soli due piatti. La cuoci-riso in trenta secondi. La friggitrice per polpette di polpo (chi puo` fare a meno in italia di una friggitrice per polpette di polpo?). Ma, in fondo al grande salone, la regina del reparto. La poltrona massaggiatrice. Ci guarda da lontano una poltrona tutta nera, con accanto scritto il modico prezzo: 500.000 yen, 4.000 euro, 8 milioni di vecchie lire. E` possibile provarla. Noi ne scegliamo due, ci sediamo, prendiamo in mano il telecomando, e facciamo partire un programma a caso, visto che i programmi sono tutti scritti in giapponese. Dobbiamo aver scelto il programma forte, quello per corpi allenati. Le poltrone si mettono in moto, ci bloccano le braccia e le gambe. Sembra uno strumento di tortura. Ci chiediamo: come si fa a prendere il telecomando se abbiamo le braccia bloccate? La poltrona va avanti senza tenere conto dei nostri dubbi esistenziali. E` inesorabile. Ci titilla i polpacci, percorre con delle sfere ovattate tutta la spina dorsale, da una parte e dall`altra. Ci sollecita prima la chiappa destra e poi la sinistra. Prende a cazzotti spalle e collo, spreme la cassa toracica. Una libidine. Io e Giovanni, rapiti, ci immaginiamo serate davanti alla televisione, in cui la poltrona Geisha si prende cura di noi con sollecitudine e amore mentre guardiamo l`isola dei famosi. Portarla in Italia? Sospettiamo che l`Alitalia non ce la farebbe portare in cabina.
ED E` SUBITO ONSEN
Finito il giro turistico per i jigoku, cominciamo il giro salutistico per gli onsen. Il primo, l`Hyotan, e` favoloso. Cominciamo subito con le sabbiature. Mentre ieri sera al Takegawara 2 fanciulle, si fa per dire, ci hanno ricoperto a palate di pesanti sabbie bollenti nere e umide, oggi c`e` il fai da te. E` difficile, credetemi, ricoprirsi di sabbia, anche di quella che troviamo qui, secca come quella della spiaggia. Rimane sempre qualcosa fuori, sicuramente le braccia. Dopo entriamo in un bagno turco dove il vapore non e` creato artificialmente, ma proviene direttamente dalle viscere della terra. 10 minuti, non si regge di piu`. E passiamo subito nei bagni, interni ed esterni, belli e gradevoli. C`e anche il forte getto di acqua calda che piove dall`alto. Una mano santa per la cervicale. Un massaggio sferzante che non vorrei che finisse mai. Dicono che qui a Beppu un giapponese fa almeno tre onsen al giorno. Noi non siamo ancora veri giapponesi. Al secondo ci fermiamo. Il secondo e` l`Hoyoland, dove veniamo precipitati in una cantina buia in fondo alla quale una pozza melmosa ci accoglie. Ci spalmiamo di fango grigio testa, faccia, spalle, pancia. Giovanni ne introduce una quantita` incredibile nelle orecchie. Avra` fango nelle orecchie per almeno due giorni. Contrariamente agli altri onsen, nella grande piscina di acqua calda si puo` arrivare nudi, uomini e donne. Naturalmente noi non riusciamo a trovarla e ci perdiamo questa esperienza.
AI FIORI DICE MEGLIO
Meglio che tenere degli animali, comunque, e` tenere delle piante. Umidita` e calore creano artificialmente un clima tropicale. Si moltiplicano ninfee, fiori di loto, orchidee. Le serre non hanno bisogno di riscaldamento.
MA LUI NON E` CONTENTO
L`idea di tenere degli animali vicino a queste sorgenti calde potrebbe sembrare una tortura, ma in fondo potrebbe anche essere un`opera buona. Qui, nello Yama Jigoku, accanto a uccelli, scimmie, lama, vediamo anche un ippopotamo e un elefante. L`ippopotamo e` immerso nei fanghi, e non sembra soffrire. Questo elefante invece appare un po` rincoglionito. Ciondola continuamente il testone e ci mostra i suoi capelli bianchi. Vorra` dire qualcosa?
venerdì 26 dicembre 2008
25 dicembre: LE SABBIE BOLLENTI DI BEPPU
Stiamo facendo fruttare il nostro JR Pass. Questo viaggio e' quanto di meno programmato si possa pensare. Ci svegliamo la mattina e decidiamo che cosa fare. Tanto abbiamo il JR Pass. Cosi' a Giovanni e' venuta la voglia di due giorni di relax. Sulla Lonely Planet ha scoperto l'esistenza di Beppu, e ha proclamato: "Si va la'". E noi siamo andati la'. A me attirava molto l'idea di andare in una citta' giapponese che si chiama Beppu. Mi sembrava di andare in Veneto a bere un goto de sgnapa. Arrivati la sera al buio alla stazione di Beppu, siamo folgorati dall'annuncio della signorina registrata:"Bepiiii, Bepiiii!", con l'accento sulla i. Ci mettiamo a ridere come pazzi, e capiamo che e' la nostra citta'. Gia' la sera andiamo nel primo Onsen. Scegliamo il piu' famoso e il piu' antico, il Takegawara. Un euro per entrare. Dieci euro per fare i bagni di sabbia bollente. Noi siamo dei signori. Sabbia.
giovedì 25 dicembre 2008
E COME SEMPRE SI FINISCE A MAGNA`
Finale al ristorante Nakawanga, dove mangiamo la specialita` del luogo, l`Okonomiyaki con le ostriche. Non ci facciamo mancare niente. Mangiamo di fronte ai cuochi che ci preparano il piatto su un`enorme piastra di acciaio.
L`ASCESA AL MONTE MISEN
Ascesa e` una parola grossa. Prendiamo una funivia e arriviamo quasi in cima. Panorama stupendo su tutta la baia. Quasi in cima incontriamo una piccola cappella, si` lo so che gli shintoisti non la chiamano cappella, non fate i maestrini, ma avete capito no? Nella piccola cappella c`e` un grande pentolone dove bolle l`acqua. Bolle da 1200 anni. Mi viene da pensare subito che sarebbe ora di buttare giu` la pasta ma poi qualcuno dira` che sono il solito anticlericale. Insomma sotto il pentolone c`e` un fuoco che fu acceso dal monaco Kobo Daishi e mai piu` spento. Come si dice, un fuoco che viene da lontano.
DANCE, DANCE, DANCE
Come il titolo del libro di Arumi Murakami che sto leggendo in questi giorni. Per l`imperatore i monaci shintoisti hanno organizzato una cerimonia di danze. Danze non proprio trascinanti. Per un`ora siamo stati li`. Poi abbamo deciso di attaccare la montagna accompagnati per un po` dai cervi, lontani parenti di quelli di Nara, ma molto piu` insistenti. In compenso ci sono anche le scimmie, con un muso rosso rosso.
23 dicembre: UNA GIORNATA PARTICOLARE
Arriviamo a Miyajima un giorno speciale. Mentre voi italiani, provinciali, siete tutti impegnati a festeggare il Natale disseminando la vostra tredicesima per tutti i negozi delle vostre citta`, qui noi giapponesi festeggiamo il compleanno dell`imperatore Akihito. Una botta di vita. Miyajima e` una isola molto bella di fronte ad Hiroshima. Ci si arriva con un piccolo traghetto che ci mette un quarto d`ora. Il tempo di mangiare un po` di biscottini di quelli che sono la specialita` del luogo e che non ricordo come si chiamino. Molti di voi ignorano l`esistenza di Miyajima ma ignorano anche di aver sicuramente visto un monumento di questa isola. Avete presente il Torii "galleggiante" arancione? Ecco adesso direte: "Ma si`, quello l`ho visto". Appunto, e` la porta di ingresso del santuario di Itsukushina, shintoista, l` unico santuario costruito a forma di molo. Non chiedetemi perche`. E` una cosa legata al fatto che questa e' un`isola sacra. E fino a non molto tempo fa nessuno poteva entrarci senza il permesso dei monaci. Sapete, i soliti preti. Adesso e` un andirivieni di turisti che vanno a prendere il sole, a mangiare, a fare trekking fin su la vetta oppure a concedersi una giornata di relax salendo in cima al monte Misen. Quello che abbiamo fatto noi, tranne prendere il sole. E in piu` abbiamo visto come i monaci shintoisti festeggiano l`imperatore.
lunedì 22 dicembre 2008
22 dicembre: HIROSHIMA
Mi ha lasciato senza parole e io lascio senza parole voi . Ho visto il museo e ho passeggiato per il parco della pace, il luogo dove la bomba atomica ha fatto piazza pulita di tutto. Sono stato al Ground Zero, dove e' stato piazzato un semplice blocco di marmo. Alla fine si resta senza nessuna certezza e tantissimi dubbi. E' solo colpa degli americani o e' colpa di quegli stronzi degli uomini che continuano a fare le guerre? Esistono limiti a cio' che si puo' fare in guerra? Esistono guerre educate e guerre maleducate? C'e' differenza fra i ricatti che facevano i nazisti e quello fatto da Truman? I giapponesi sono solo vittime innocenti? Troppe domande per il mio cervello oggi pieno di immagini forti.
Quattro soli ricordi:
1) il fotografo. Si chiamava Yoshito Matsushige, era ad Hiroshima a 2270 metrti dal punto dell'esplosione. Si aggiro' tutto il giorno tra i morti e i feriti riuscendo a fare solo cinque foto.
2) la paulonia. Un albero, anche lui hibakusha, sopravvissuto. Dalla parte in cui fu esposto alle radiazioni e al calore subi' una ferita profonda. Ma non mori'. La parte opposta si prese cura della parte malata e adesso la paulonia cresce e fiorisce. I suoi semi vengono distribuiti agli alunni delle scuole che li piantano come segno di speranza.
3) la poesia.
Ridammi mio padre
ridammi mia madre
ridammi mia nonna
ridammi mio figlio e mia figlia
ridammi me stesso
finche' dura questa vita
ridammi una pace
che non finisca mai
Sankichi Toge aveva 27 anni il 6 agosto 1945, giorno della bomba. Non era ad Hiroshima. Era un poeta e voleva scrivere. Ma l'occupazione americana non poteva permettere che si parlasse dell'atomica. Quando gli Usa minacciarono di sganciare la terza bomba sulla Corea Sanchiki Toge sfido' le autorita' e scrisse la poesia che adesso e' scolpita su una grossa pietra nel parco della pace.
4) Milioni di gru origami. 300 mila esposti alle radiazioni, 140 mila morti nei primi cinque mesi, molti dei quali coreani costretti ai lavori forzati, moltissimi studenti e bambini, alcuni americani prigionieri di guerra . E hanno continuato a morire di leucemia e di cancro. Negli ultimi dieci anni, a causa di malattie derivate, sono morte 5 mila persone all'anno. Le piccole gru di carta realizzate secondo la tecnica origami portano fortuna e felicita'. Sadako Sasari era sopravvissuta alla bomba ed era cresciuta sana e forte. A dieci anni era diventata una piccolo atleta. In un anno la leucemia se la prese. All'ospedale comincio' a piegare pezzetti di carta. Decise che se fosse arrivata a fare mille gru sarebbe guarita. Ne fece molte piu' di mille e poi mori'. Da allora le coloratissime piccole gru coprono tutti i monumenti che ricordano le vittime della bomba.
Quattro soli ricordi:
1) il fotografo. Si chiamava Yoshito Matsushige, era ad Hiroshima a 2270 metrti dal punto dell'esplosione. Si aggiro' tutto il giorno tra i morti e i feriti riuscendo a fare solo cinque foto.
2) la paulonia. Un albero, anche lui hibakusha, sopravvissuto. Dalla parte in cui fu esposto alle radiazioni e al calore subi' una ferita profonda. Ma non mori'. La parte opposta si prese cura della parte malata e adesso la paulonia cresce e fiorisce. I suoi semi vengono distribuiti agli alunni delle scuole che li piantano come segno di speranza.
3) la poesia.
Ridammi mio padre
ridammi mia madre
ridammi mia nonna
ridammi mio figlio e mia figlia
ridammi me stesso
finche' dura questa vita
ridammi una pace
che non finisca mai
Sankichi Toge aveva 27 anni il 6 agosto 1945, giorno della bomba. Non era ad Hiroshima. Era un poeta e voleva scrivere. Ma l'occupazione americana non poteva permettere che si parlasse dell'atomica. Quando gli Usa minacciarono di sganciare la terza bomba sulla Corea Sanchiki Toge sfido' le autorita' e scrisse la poesia che adesso e' scolpita su una grossa pietra nel parco della pace.
4) Milioni di gru origami. 300 mila esposti alle radiazioni, 140 mila morti nei primi cinque mesi, molti dei quali coreani costretti ai lavori forzati, moltissimi studenti e bambini, alcuni americani prigionieri di guerra . E hanno continuato a morire di leucemia e di cancro. Negli ultimi dieci anni, a causa di malattie derivate, sono morte 5 mila persone all'anno. Le piccole gru di carta realizzate secondo la tecnica origami portano fortuna e felicita'. Sadako Sasari era sopravvissuta alla bomba ed era cresciuta sana e forte. A dieci anni era diventata una piccolo atleta. In un anno la leucemia se la prese. All'ospedale comincio' a piegare pezzetti di carta. Decise che se fosse arrivata a fare mille gru sarebbe guarita. Ne fece molte piu' di mille e poi mori'. Da allora le coloratissime piccole gru coprono tutti i monumenti che ricordano le vittime della bomba.
21 dicembre: NON C'E' LIMITE AL TRASH
In questo viaggio in Giappone una sola cosa non abbiamo lasciato a casa, l'idiozia. Eccone un esempio di buon livello. Anche nell'impero del sol levante ci siamo fatti riconoscere. Non per niente veniamo dal Paese della Torre di Pisa.
21 dicembre: IL CASTELLO DI HIMEJI
L'hanno costruito nel 1333, la prima volta. Tanto per capirci, in Italia c'era Dante, c'era Petrarca. Ancora si parlava in latino. Poi, il castello, lo hanno distrutto e ricostruito una dozzina di volte. E' bellissimo. Lo chiamano l'airone bianco per il suo colore candido. Era la sede dei potenti dignitari del medioevo giapponese e del periodo Edo (visto come sono colto?). Serviva soprattutto per assoggettare le popolazioni ribelli. Era luogo di trame e di intrighi, di tradimenti e di harakiri. C'e' stato un momento in cui il grande boss del castello era tale Honda. Gli predissero un grande futuro.
21 dicembre: LA MUCCA DI KOBE CI HA DATO BUCA
Eravamo andati tutti e due entusiasti all'idea di addentare la carne della mucca di Kobe, la famosa mucca che si fa fare lo shiatsu e si ubriaca di birra. Alle 9,45, ora in cui la gente trendy si presenta nei ristoranti di lusso, arriviamo belli e pimpanti nel miglior locale della citta', spiritualmente pronto a sganciare 100 euri a testa per quella che Silvia Palombi sul blog ha definite una esperienza mistica. E abbiamo subito pensato che si preparasse una esperienza mistica quando abbiamo visto il cameriere accoglierci con le braccia a croce.
Qualche secondo e subito ci siamo resi conto che le braccia a croce qui in Giappone significano "CHIUSO", maledizione. La mucca di Kobe ci e' sfuggita per 15 minuti di ritardo.
Qualche secondo e subito ci siamo resi conto che le braccia a croce qui in Giappone significano "CHIUSO", maledizione. La mucca di Kobe ci e' sfuggita per 15 minuti di ritardo.
21 dicembre: BENEN E MALEN
In una nazione dove le uniche parole italiane che abbiamo incontrato finora erano Dolce e Gabbana e Fendi, ci ha fatto un po' impressione leggere su un palazzo di Kyoto frasi addirittura in latino (Festina lente, amor omnia vincit), ma qui a Kobe su un palazzone neoclassico che non ci appare subito per quello che e', una chiesa, vediamo scritto "Prometto di amarla e onorarla benen e nel male". Siamo li' a bocca aperta ad ammirare chiesa e scritta quasi maccheronica, quando ci sentiamo apostrofare in un italiano approssimativo "E' una chiesa, si sposano tutti qui". Abbiamo beccato un sudamericano che parla italiano in Giappone. Un record.
domenica 21 dicembre 2008
20 settembre: SI LEGGE A SBAFO
Sembrano due giapponesi che fanno la pipi`. Invece no, stanno leggendo al supermercato. Il reparto riviste, soprattutto i manga e i porno, sono presi d`assalto dagli uomini mentre le donne fanno la spesa. Si piazzano li` e si leggono tutto quello che si puo` leggere.
20 dicembre: I PROFUMI DI KOBE
Visto che Kobe non offre nulla di particolare decidiamo di prendere l`ovovia che porta in cima alla collina, sempre partendo da Kitano. Si arriva la` dove si gode il solito panorama mozzafiato e dove un grande orto botanico con serra, giardini, museo, negozi fa passare due ore in letizia fra profumi e colori.
PS: se si viene in Giappone d`autunno tutti vi dicono: "Peccato che non siate venuti in primavera quando la fioritura dei ciliegi e colori dei fiori offrono uno spettacolo incomparabile". Ma se si viene in Giappone in primavera tutti vi dicono: "Peccato che non siate venuti in autunno quando i fantastici colori rossi e gialli delle foglie degli aceri offrono uno spettacolo incomparabile". Quindi: peccato che non siamo venuti in primavera, ce lo diciamo da soli. I colori dell`orto botanico ci avrebbero offerto uno spettacolo incomparabile.
PPS: Stasera andremo finalmente a mangiare la celebre e tanto decantata bistecca di mucca di Kobe. Ci sputtaneremo lo stipendio di un operaio giapponese. Ma si puo` venire a Kobe e non mangiare la bistecca di una mucca che si e` ubriacata di birra? Che l`operaio giapponese, per questa volta, mangi brioches.
PPPS: Notare il fantasma di Giovanni che entra nell`ovovia.
PS: se si viene in Giappone d`autunno tutti vi dicono: "Peccato che non siate venuti in primavera quando la fioritura dei ciliegi e colori dei fiori offrono uno spettacolo incomparabile". Ma se si viene in Giappone in primavera tutti vi dicono: "Peccato che non siate venuti in autunno quando i fantastici colori rossi e gialli delle foglie degli aceri offrono uno spettacolo incomparabile". Quindi: peccato che non siamo venuti in primavera, ce lo diciamo da soli. I colori dell`orto botanico ci avrebbero offerto uno spettacolo incomparabile.
PPS: Stasera andremo finalmente a mangiare la celebre e tanto decantata bistecca di mucca di Kobe. Ci sputtaneremo lo stipendio di un operaio giapponese. Ma si puo` venire a Kobe e non mangiare la bistecca di una mucca che si e` ubriacata di birra? Che l`operaio giapponese, per questa volta, mangi brioches.
PPPS: Notare il fantasma di Giovanni che entra nell`ovovia.
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