lunedì 15 dicembre 2008

QUINTO GIORNO, LA WATERLOO DELLA GASTRONOMIA

Mai visti tanti matrimoni in una sola giornata. E' domenica. Come tutti i bravi fedeli andiamo al santuario scintoista a inchinarci due volte e a battere le mani due volte. Scegliamo il santuario di Meiji-Jingu a Harajuku,
all'interno di un grande parco con tutte le piante del mondo, creato dall'imperatore Meiji e dall'imperatrice Shoko. Ma andiamo con ordine. Come prima cosa scopriamo un altro treno senza conducenti. Il fenomeno di questi mezzi senza guida, devo confessarlo, mi risulta inquietante. I treni secondo me devono avere il conducente, come gli aerei hanno i piloti e gli autobus hanno gli autisti. Pensare di essere lanciato a cento kilometri all'ora tra i palazzi di Tokyo senza che nessuno possa frenare il convoglio non mi risulta rassicurante.Comunque tocca salire. Sul treno senza conducente cerco di vincere la mia inquietudine esaminando il prossimo. Dopo una prima riflessione ("ma siamo sicuri che i giapponesi leggono veramente i loro giornali scritti con gli ideogrammi, non sara' che fanno finta?") mi rendo conto che molti dormono. E' la prova che gli ideogrammi non sono leggibili e che tutti fanno finta di leggere. E poi, diamo pure per scontato che possano fare il sudoku, che quello e' facile, ma come fanno a fare le parole crociate? Esiste la settimana enigmistica giapponese? Arriviamo ad Harajuku e imbocchiamo il vialone che introduce al parco. La passeggiata e' romantica e la vista del tempio e' imponente. Anche qui c'e' un sistema per spillare i quattrini ai fedeli. Ma stavolta al contrario di ieri la tassa e' di cinque euro. Forse sono troppo cattivo. In Giappone non esiste l'otto per mille e quindi bisogna far leva sulla generosita' dei fedeli per far sopravvivere il culto. All'ingresso del tempio c'e' una fontana dove bisogna lavarsi le mani e sciacquarsi la bocca. Poi c'e' la grande porta e poi il santuario vero e proprio. Non si puo' entrare, come ieri, ma ecco che improvvisamente arriva il corteo nuziale. Sono tutti vestiti in costume tradizionale. Giovanni eccitatissimo si trasforma di nuovo in Spielberg e comincia a registrare con la videocamera. Il corteo, la cerimonia, le foto di gruppo. Uno spettacolino. Quando tutto e' finito e Giovanni ha riposto l'attrezzatura ecco che spunta un'altra sposa, un altro sposo, altri officianti, altri parenti e amici. In poco tempo il piazzale antistante il santuario si trasforma in una bolgia di matrimoni. Un corteo da destra, uno da sinistra, piccoli set fotografici ovunque, spose sorridenti, parenti immusoniti. Gli sposi sono elegantissimi. Parenti ed amici un po' meno, tutti neri. Passiamo un paio d'ore a riprendere e a fotografare il matrimonificio. Poi ci tuffiamo nelle stradine di Harajuku, che e' il quartiere dei ggggiovani alternativi. Negozietti pieni di vestiti sgargianti e scarpe impensabili. Frastuono dovunque, musica a palla, fanciulle di 12-13 anni vestite e truccate in maniera tale che i loro genitori sicuramente si sono gia' fatti harakiri. Sul ponte sulla ferrovia piccoli gruppi suonano musica country giapponese. Scopro un negozietto dove vendono solo cose relative ad Elvis Presley. Nome del negozio, love me tender, naturalmente. Davanti al negozio un monumento di bronzo ad Elvis. Per mandare le foto per il blog andiamo in un internet cafe' e mangiamo qualcosa. E' qui che comincia quella che potrebbe essere definita la Waterloo della nostra gastronomia quotidiana, il giorno no della pappa, il trionfo della sugna. Giovanni vorrebbe prendere una pasta "carubonara", chiusa in un sacchetto di plastica come le patatine. Non mi e' difficile dissuaderlo ma lo trascino su una foto allettante di pollo fritto. Ci portano del pollo trasudante grasso, io lo mangio spinto dalla fame. Giovanni lo spilluzzica. Diciamolo: una schifezza. Incredibilmente lo digeriamo.Ma la giornata e' destinata a farci toccare il fondo del barile. La sera finiremo in un ristorante dove, a gesti, con un disegnino e facendo muuuuu con la bocca,riesco ad ottenere della carne di manzo, che era meglio se non riuscivo a farmi capire. Giovanni invece conquista a colpi di chicken chicken! un piatto molto fotogenico (nel menu' sembrava il sogno dei gourmet) ma che risulta alla prova del palato vagamente rivoltante. Arrivato a un boccone dalla fine lo assaggio anch'io e gli dico: che strano sapore questo pollo. E lui: devono averlo fritto nell'olio del pesce. Poi alza gli occhi al cielo come avesse visto la madonna e rivela: ma questo non e' pollo fritto nell'olio del pesce, questo e' pesce fritto nell'olio del pollo! Insomma, ci ha detto male. Rimpiangiamo il nostro primo ristorantino dove abbiamo mangiato sushi e l'osteria coreana dove abbiamo mangiato la mucca di Kobe. Decidiamo allora di non spostarci da queste abitudini. Sushi e coreano.Da classicituristi non ci siamo privati della visita a quella perfetta imitazione della tour Eiffel che qui chiamano Tokyo Tower e che e' stata costruita esattamente 50 anni fa. Sono 333 metri, 13 metri piu' alta di quella originale. Un pomeriggio passato a fare code agli ascensori per salire, al botteghino e agli ascensori per scendere. Giovanni sostiene che io tendo a saltare le persone in coda, a me non risulta ma effettivamente avanzo piu' velocemente di lui. Deve essere un effetto ottico. Ammetto comunque che odio le code. I giapponesi invece le amano. Sospettiamo che spesso escano di casa dicendo alla moglie: vado a fare un po' di coda da qualche parte. E le mogli: va bene caro, ho saputo che ce ne e' una molto bella alla posta.Ci sono pero' anche mogli insopportabili che non ne possono piu'. Tipica la frase della Santippe giapponese: o me o la coda.Cinque code abbiamo fatto per salire e scendere dalla Tokyo Tower. Giovanni che non usa sotterfugi per superare gli amanti delle code, stanco di code, mi comunica: io scendo a piedi. Dieci minuti per convincerlo che non e' il caso.
Vi avevo promesso ieri di raccontarvi di "iraseimase'". Lo sentiamo dire in continuazione. Non capiamo cosa voglia dire. Lo dicono i commessi dei negozi, lo ripetono ossessivamente gli altoparlanti dei grandi magazzini, lo urlano imbonitori nelle strade dello shopping cercando di attirare l'attenzione dei passanti. Iraseimase' vuol dire benvenuto. E ci voleva tanto a capirlo? Il mio rapporto con la lingua giapponese non e' dei migliori. L'unica parola che ho imparato e ricordo e' Arigato'. La ricordo perche' l'ho legata ad una parola simile italiana che mi e' particolarmente cara: rigatoni. Ma la storpio continuamente. Per ringraziare ho detto di tutto.Oggi ho detto in un simpatico esempio di sincretismo linguistico: obrigato'. Ma facendo il collegamente con la pastasciutta mi sono reso conto di aver anche detto macherato'. Chissa' che avranno capito. Domani si parte. Ed e' subito Kyoto.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Strano, hai scritto obrigato, cos'è, un misto tra obrigado e arigato? Allora sei pronto per il Brasile, anzi per San Paolo, anzi, per il quartiere Liberdade, dove vive la maggioranza dei Giapponesi e ora anche dei Coreani.
Buon proseguimento!

Susanna ha detto...

Egregio dottore, se Le piacciono i treni senza conducente dovrebbe venire a Perugia e fare un giro sul favoloso MINIMETRO! Peccato che non vada a cento chilometri all'ora... anzi... ma passa in mezzo alle case ed è panoramico e tranquillo. Se non lo attaccano i fascisti anti-minimetro...
Bona nit (catalano)
gatta susanna