martedì 16 dicembre 2008

SESTO GIORNO, KYOTO

Abbiamo fatto la conoscenza con lo Shinkansen, il treno superveloce. Ci porta da Tokyo a Kyoto in due ore e quaranta, toccando la velocita' massimo di 285 km all'ora. Se calcolate che tra Tokyo e Kyoto ci sono 500 km e' come andare da Roma a Milano in tre ore. Per il resto lo Shinkansen, tranne un elegante muso che somiglia a una ciabatta, e' quasi come un Eurostar. Anzi. Forse e' meglio l'Eurostar. Durante il viaggio ci rendiamo conto della sovrappopolazione giapponese. Non si vedono infatti campagne se non in rari momenti. Case, case, case. Ma dove piantano le patate i giapponesi, e dove sono le risaie? Comunque arriviamo a Kyoto, la citta' - dicono - piu' bella del Giappone. Abbiamo prenotato al Crossroad Inn. La guida Lonely Planet ci aveva avvertito. E' difficile da raggiungere. Prendete un taxi. Ma la Lonely Planet non aveva avvertito il tassista. Il quale, intraprendente, decide che l'unica maniera per raggiungere vittoriosamente il Crossroad Inn e' telefonargli. Guidato dalla proprietaria Sachiko Mori il tassista intraprendente ce la fa. E' talmente intraprendente, il tassista, che cerca di ciularmi 5000 yen, quaranta euro e rotti. Il giapponese che fotte l'italiano? Vogliamo scherzare? I 5000 yen ricompaiono subito e tutto si aggiusta. L'albergo Crossroad Inn. Albergo sembra una parola grossa. "Mi raccomando", dice Satchiko, "la sera dovete rientrare prima delle undici". Ma gli asciugamani dove sono? "Non li avete portati?" E il bagno dov'e'? "E' in fondo al corridoio in comune con gli altri". E la doccia dov'e'? "E' vicino al bagno". E la colazione dove si fa? "C'e' un bar a due isolati da qui". In compenso la tazza del water, o meglio l'asse di plastica, e' riscaldata. Ma vi risparmio la sensazione che si prova quando si poggia il sedere nudo su un pezzo di plastica collegato con un filo elettrico alla presa della corrente. Unica nota positiva, il prezzo. Praticamente meta' rispetto a Tokyo. Ce la caviamo con trenta euro a testa. Facciamo anche la conoscenza con i mitici spazi ridotti degli alberghi giapponesi. Internet infatti c'e', ma e' dentro un armadietto. Apri l'armadietto e, in piedi, ti connetti. Fino alle undici di sera al massimo, perche' poi tutti a nanna. La sera facciamo un giro fino alla stazione, dove c'e' l'ufficio informazione per i turisti. Ma per trovare l'ufficio informazione per i turisti della stazione, ci vorrebbe un ufficio informazioni che ci desse quest'informazione. E' talmente nascosto che la stessa Lonely Planet descrive l'itinerario di avvicinamento come fosse una caccia al tesoro. Noi lo troviamo. Ed e' chiuso. Allora decidiamo di cenare. Becchiamo un ristorantino molto bello, bella atmosfera, bella gente, bella cameriera che non ci fa sedere. Non capiamo. E la tanto celebrata ospitalita' giapponese? Noi facciamo di nuovo il gesto di sederci e lei insiste di non farlo. Pretende che prima leggiamo il menu. Per farla contenta e per dimostrare la tanto celebrata gentilezza italiana, lo leggiamo e capiamo. Tutti i piatti sono a base di "tongue". Tongue di tutti i tipi, tongue alla griglia, tongue stufata, tongue in padella, polpette di tongue, spiedini di tongue. Giovanni fa lo spiritoso e chiede se c'e' tongue alla carubonara, ma poi arigato' e ce ne andiamo. Troviamo un altro ristorantino dove non capiscono una parola di inglese, ma proprio nessuna. La trattativa dura molto e alla fine conquistiamo spiedini di anatra, spiedini di polpette di pollo, spiedini di manzo, spiedini di melanzana, spiedini di pollo e cipolla verde, omelette alla giapponese e birra. Da quando siamo arrivati ci ha sorpreso la quasi totale ignoranza dei giapponesi nei confronti della lingua inglese: ma questo Paese non era stato colonizzato dagli americani?

2 commenti:

vincenzo ha detto...

fantastico claudio! insieme alle grasse risate c'è sempre qualcosa da imparare..

dummy ha detto...

Beh..non prenderei tanto per il culo i giapponesi...anche in itli nessuno sa l'inglese...